All’età di sei anni
era un eroe.
Partiva per il mondo
ogni mattino,
compiva missioni
critiche,
affrontava il destino,
che mostri spaventosi
ponea sul suo cammino.
Aveva la sua spada,
in petto un cuore
impavido,
in gola l’urlo
guerriero,
e il drago, pur s’era
orribile,
periva ineluttabile
sotto i colpi mortali
del brando suo
fatale.
Ei sempre vittorioso
ripartiva
al fin d’offrire il
suo braccio indomito
e i più negletti
deboli salvare.
***
Ma un triste giorno
(da dimenticare),
un uomo sciocco
(e inabile a sognare)
colpì alle spalle e il
cuore gli ferì.
- Che fai?
gli urlò con voce
perentoria,
mentr’ei pugnava
vegetali titani,
- che fai ? - ghignò
di nuovo
e lo schernì.
Il bimbo irriso si
sentì morire
quando quel tale un
pezzo sghignazzò.
Quel fragoroso e sgangherato riso
le pargolette gote gli
avvampò.
Fuggì frustato a
sangue il più lontano;
MAI PIÙ quel
finto scontro l’allietò.
***
Sebbene siamo ancor
negli anni teneri,
noi conosciamo già il
vero limite
tra le invenzioni del
mondo più splendido
e le durezze della
realtà:
di qua o di là saltare
dunque è possibile
e intanto, quel che fu
fanciullo timido,
pian pian si fa
ragazzo sereno e lucido.
Anch’ei così
accresceva il suo pensiero
finché non incappò in
quell’uomo stupido
che brusco il suo bel
gioco calpestò,
quantunqu’ei non
avesse debellato
i dubbi del fanciullo
e le paure.
Così l’eroe bambino,
che ogni giorno
restando invitto
pur li sgominava,
trafitto fu alle
spalle e rovinò.