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“itinerari religiosi”-“luoghi della memoria”
01giu2004_Chiesa-di-SanFiladelfio

 

 

 

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c'era una volta.....

.......i ruderi della chiesa di San Filadelfio .......

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Alcune leggende sul Monastero ...

Una bella e suggestiva leggenda, che trova parziale riscontro nelle fonti documentarie, si riferisce alla fondazione del monastero di S. Filippo: "Sotto la tenda bianca il figlio di Ruggero vede nel sonno mischie feroci, castelli presi d'assalto, nemici di Cristo urlare bestemmie oscene, bimbe, occhi di sole, sorridere al combattitore che sa le soste, donne benedicenti, lacrime di villici tormentati...Il bruco ha lasciato l'erba tenerella, e viene alla tenda, Iddio l'ha mandato, e si arrampica sul corpo del figlio di Ruggero, per nascondersi nell'orecchio.

Tramontano le stelle, il ruscello dice una canzone lena, suona la diana, è l'ora; Belmonte, castello saraceno, si leva nel cielo che si scolora. Il viso fine del cavaliere normanno si fa pallido, lo tormenta il verme piccoletto.

Ruggero ha paura e prega S. Filippo che liberi la creatura gentile, e promette di fare sorgere sul luogo una chiesetta e un rifugio quieto per gli anacoreti, sparsi nella valle.

E il bruco, come per incanto, lascia il suo nascondiglio breve.

Lo segue l'occhio vigile dei presenti e di Ruggero, conte normanno; l'aratro, portato da un toro e da una vitella di manto bianco, segue l'insetto, nunzio di Dio, che delimita lo spazio che avrebbe contenuto la chiesetta."(1)

Un'altra leggenda fu scritta da don Domenico Bordonaro, prete di Frazzanò, autore anche di una Sacra Rappresentazione sulla vita di San Lorenzo.

Narra le vicende di Selim, schiavo arabo che cerca di fuggire dalla zona dove è incatenato per colpa dei filtri magici di Arnulfio Siculo, un mago che vive rinchiuso in una grotta sul monte Pagano, che sovrasta il monastero di Fragalà.

Rotto l'incantesimo, Selim viene portato nel monastero di Fragalà, dove i monaci si impegnano a convertirlo.

In sua compagnia è uno schiavo balbuziente, di nome Califa, che si converte per primo al cristianesimo.

Poi si compie il miracolo: anche Selim viene conquistato dalla religione dei monaci basiliani.

Lo stesso mago Arnulfio, che tenta di impiccarsi perchè i suoi malefici non hanno sortito l'effetto sperato, viene salvato da San Lorenzo monaco, futuro Patrono di Frazzanò, e vestirà l'abito basiliano.

Sua moglie Canidia, appresa la notizia, lascia Bisanzio e parte sul dorso di un diavolo sotto forma di un caprone per riprendersi il marito.

Ma, approdando su quei luoghi ed inseguita dai cacciatori, tenta di passare su una fornace ardente e muore.

La sua anima, non ancora domata, riappare minacciosa sulla fornace con due demoni ma il Santo Lorenzo, che ha il potere di comandare sui demoni e le forze del male, la rimanda negli Inferi per sempre.

Un'altra leggenda si riferisce alle 'tentazioni' dei monaci, che in certe ore del giorno, quando il demone 'prendeva il corpo sazio di vini dolci e di carni tenere', aprivano le pagine di un libro magico del Cinquecento, che metteva loro il mal d'amore e li faceva struggere dal desiderio.

Quello stesso libro, novello strumento del pifferaio magico, aveva il potere di attirare le donne.

'E le femine, penitenti soavi, piantavano ogni cosa, e andavano a dissetarsi al convento' (2).

Un'altra leggenda riguarda un fantastico tesoro chei monaci di S. Filippo, per timore che gli arabi lo requisissero, avevano nascosto, fino alla fine del dominio musulmano, in una grotta di proprietà di S. Finachio, nel territorio di Naso: "Nota che verso la contrata della Plana sopra la petra longa // ci sonno certe abitationi ruini li quali erano chesij che al presenti lu vulgo chiamano san Finachio.

Ma non è la verità perchè in quesso loco ci erano dui chesij, l'una si domandava santo Eoustachio et l'altra chesia si domandava santa Agata et ci stavano et serviano questi chesia preti greci, li quali chesij haviano per suo patrimonio li terri delli conturi alla chiana che sonno a drittura di detti chesij, li quali terri hogi rendino allo hospitali di Palermo.

Li lassau questi terri una donna della terra di santo Marco a santo Filippo Fragalà batia di monaci greci. Doppo li hebero ditti terri come ho detto lu hospitali di Palermo.

A questa chesia di san Finachio// ci è gran caverna di lamij sotto terra e in tempo di mori o saracini li monaci di san Filippo Fragalà pigliaro tutta l'argintaria et reliqui di detta chesia et la portaro ad amuciari; questa chesia di santo Finachio dove ci è una grutta grandissima et di sopra ci è una gisterna pena d'acqua, sguttaro la gisterna, aprero un certo muro et trasero dentro la grutta et amuchiaro lo tresoro delli reliquij et l'argentaria, tornaro et muraro lo purtusu della grotta et misero l'acqua alla gisterna et stettiro li reliqui et altri cosi dentro questa grutta parichi anni per pagura che in questo regno era in potiri di infideli.

Et dopo che si partero li infideli li monache vinnero a questa chesia di santo Finachio // sguttaro la gisterna, aprero il muro et pigliarosi li reliquij et li portaro alla chesia di santo Filippo Fragalà, stuparo altra volta detto portuso et miseroci l'acqua alla gisterna: tutto questo lo scrissi un monaco greco lo quali si morsi et questo scritto nelle 1595 vinni in potiri di Blasco Lanza et credento trovare questo argento et reliqui andò con genti et licentia e sguttau l'acqua et dirrupau lo muro credendo trovare li reliqui con l'argento, non trovau nenti ecetto una grutta spaventosa et grandi che pigliaro gran paura di passar innanti et fu tanto lo frido chi ci era che vinniru fora arreduti e diciano che intisero certi voci come havessero voluto a minazare a Blasco Lanza lu qua(li) si morsi dopo questo fatto tri misi dopo con una saitta di focu venuta dal cielo, si morsi trunatu' (3).

L'ultima leggenda riguarda la notizia dell'esistenza di un antico castello, detto di Belmonte (Beddumunti) che esisteva sulla Timpa, (la collina incombente sull'abitato di Frazzanò), e che fu fatto ricostruire sui resti di un precedente edificio dal re Federico IV d'Aragona, detto il Semplice, nel 1396 (4).

"Narra la leggenda che il capitano saraceno di Belmonte - sconfitto da Ruggero I e scampato miracolosamente, fuggendo lontano dalla terra di Sicilia - finché visse domandava sempre, con accorata nostalgia, di Frazzanò e di Belmonte ogni volta che s'incontrasse, per terra e per mare, con pellegrini o viaggiatori siciliani.

La favola, poi, narra di un ingente tesoro - del quale farebbe parte un preziosissimo telaio d'oro - nascosto ermeticamente nei profondi meandri del sottosuolo dell'antico castello. e si narra altresì che i vigili custodi siano una chioccia d'oro con pulcini tutti d'oro, i quali fanno la guardia nella piccola grotta, che guarda a mezzogiorno, e vengono fuori a razzolare, a tarda ora, solo nelle notti di luna. Chioccia e pulcini - come dice la favola - sparirebbero d'incanto alla vista di chi li volesse incautamente afferrare. Ma, se per caso si dovesse verificare la cattura della madre e di tutti i piccoli, il suolo si aprirebbe d'un tratto, mettendo in balìa di tutti il favoloso tesoro. Così l'incantesimo verrebbe sciolto e spezzato per sempre.

Infine, anche un frammento d'una vecchia canzone popolare, ci parla ancora di Belmonte: ...Mirtu e Mirtirò, / e Beddumunti cu Frazzanò... e la leggenda dice che la cantasse malinconicamente - nelle notti di veglia sui mari e sulle terre d'Oriente - l'inconsolabile e randagio capitano saraceno di Belmonte, sconfitto da Ruggero il Normanno"(5).

(Testo di Shara Pirrotti)

 

NOTE

(1) FAZIO L., Il convento di Fragalà. Storie e leggende, s.l., s.d., pp.39-40.

(2) FAZIO L., Il convento di Fragalà, cit., p.40.

(3) SORRENTI L. (a cura), Fioretti di Naso, Copse notabili, ed antiche consuetudini della Università di Naso scritte da don Girolamo Lanza nell'anno 1630 (manoscritto), Milano, 1995, pp.46-47:

(4) Cfr. AMICO V., cit., s,v, 'Belmonte'; G.L. BARBERI, I capibrevi, pubblicati a c. di G. Silvestri e G. La Mantia, in Doc. per servire alla storia di Sicilia, Palermo 1866, vol. III, p. 13.

(5) FRAGALE G., Origine e tradizione del toponimo Frazzanò. Toponomastica (parte prima), in 'Boll. Storico del Centro studi di Storia Patria per le Valli del Fitalia e del Rosmarino, Tortorici, (Messina)', n.1. a.III, Messina,1971;

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